Gli uomini di Camilla

Ai miei uomini ho dato di essere pochi, dovrei rifare i conti ma comunque pochi. Chissà che siano rimasti contenti almeno di questo.
Gli ho dato anche di essere come gli pareva, così alcuni si sono scelti sinceri altri bugiardi, e a me andava bene lo stesso perché erano i miei uomini e alle cose mie tengo più che a me stessa.
Anche per gli optionals sono sempre stata di manica larga: gli ho lasciato la più ampia libertà circa il colore degli occhi e la quantità di capelli, e non ho posto limitazioni di età o di censo, figuriamoci poi di razza o cultura o fede in quel che sia.

Io ai miei uomini ho dato l'indirizzo di casa fin dal primo appuntamento.
Oddio, una casa non proprio convenzionale visto che sta sopra un albero e per venir su bisogna abbracciarsi al tronco e arrampicarsi sui rami giusti, ma qua in alto c'è una bella ombra fresca e un mosaico di sole tra le foglie. E poi gli ho dato una mano sporgendo braccia e capelli, e infatti non era così impossibile, tenendo conto che dopo a scendere si fa prima che a salire. Un salto e via.

Gli ho dato dei regalini innocui, niente di troppo personale che poi si sa che impegna. Gadgets da bancarella, più che altro. Lentiggini sbiadite sulle spalle, che basta una carezza o una pacca e spariscono. Biglietti di treni puntualmente obliterati, ma ancora buoni per ripararsi un po' di vita dagli sputi di Dio. Un magnete per il frigo a forma di Nokia che tanto io non ho un Nokia e comunque al telefono mi vien sempre da piangere non so perché.

Ai miei uomini la cosa più interessante che ho dato, quella che sfido le altre a tanta ostinata precisione, è di essere tutti Sbagliati.
Dal primo all'ultimo e – garantito – al prossimo.

Più di così.

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