Sera, ristorante di alta classe, cena con amici sconosciuti.
Vengono serviti gli antipasti, pasticcini dolci. Cominciamo a degustarli.
Il mio ha un sapore stravagante, non è zuccherato. Lo osservo controluce, si intravvedono delle spinette.
Si accosta con la sua cricca le Grand Cuisinier, un omone barbuto e voluminoso. Con vocina da uccellino domanda "è il pasto di vostro gradimento?".
Lo squadro, esibisco l'informe pastrocchio; piuttosto rudemente, domando: “cos’è, pesce?”.
Panico in sala, il colosso impallidisce, vacilla, barcolla all’indietro imitato dall’intera ghenga. Si riprende.
Sdegnato, prorompe: "Signore!".
Riacquisisce colore, prosegue. "Signore, nei nostri pasticcini non c’è pesce!". Rimarca il termine con una vena di marcato disgusto, quasi avessi offeso sua mamma.
Lo fisso ostinato, lui sostiene lo sguardo, il tempo si ferma.
Sgrana improvvisamente gli occhi, quasi colpito da una rivelazione; sbianca nuovamente, si passa il fazzoletto sulla fronte. Abbassa il capo schiarendosi la gola e guaisce: “sarà… sarda”.
Comincia a uscirmi il sangue dal naso.
Mi sveglio.