Respira!

Corro.

Sto correndo.

Maratona.

Sputo sangue. Davanti a me, cinque.

Cinque soltanto.

Procediamo in gruppo, distanze minime. Ho gestito bene le energie, posso farcela, stringo i denti.

E se…  supero tutti e vinco?

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Pasticci

Sera, ristorante di alta classe, cena con amici sconosciuti.

Vengono serviti gli antipasti, pasticcini dolci. Cominciamo a degustarli.

Il mio ha un sapore stravagante, non è zuccherato. Lo osservo controluce, si intravvedono delle spinette.

Si accosta con la sua cricca le Grand Cuisinier, un omone barbuto e voluminoso. Con vocina da uccellino domanda "è il pasto di vostro gradimento?".

Lo squadro, esibisco l'informe pastrocchio; piuttosto rudemente, domando: “cos’è, pesce?”.

Panico in sala, il colosso impallidisce, vacilla, barcolla all’indietro imitato dall’intera ghenga. Si riprende.

Sdegnato, prorompe: "Signore!".

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Buone feste 2020! (all'ombra della Montagna)

Quest'anno così travagliato è ormai giunto agli sgoccioli. È tempo di alberi, presepi, auguri e regali; come tradizione, quindi, mi sono messo all'opera per realizzare qualche pensierino per amici e parenti.1Tranne quelli serpenti, che i regali non li vedranno nemmeno in foto. O forse sì, se leggeranno questo articolo. :)

Il bigliettino che accompagna le strenne è per me ancora più importante dei doni stessi, perché è qualcosa di personale: è una dichiarazione scritta dei sentimenti che proviamo, e deve giungere a segno toccando le corde del cuore. Per questo motivo preferisco crearlo a mano ogni Natale. Questa operazione mi porta via alcuni giorni ma, siccome i regali li acquisto nel corso dell'anno (quando trovo qualcosa che è perfetto per qualcuno), è l'unica incombenza che mi rimane prima di stappare lo spumante e tagliare il panettone.

Adoro i libri popup; quelli che, quando li apri, ti spunta un vero castello davanti agli occhi. O un drago, o un paesaggio montano, oppure una battaglia. Ecco, in questo 2020 volevo qualcosa di treddì.

Mi sono messo quindi a sperimentare, come sempre con righello, taglierino e un sacco di carta…

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James Bond

Intorno al 1983, quando avevo sette anni, prima che gli aeroporti avessero le lounge per i viaggiatori di prima classe, ero con mio nonno all’aeroporto di Nizza e vidi Roger Moore seduto in attesa di prendere un aereo, intento a leggere un giornale. Dissi a mio nonno che avevo appena visto James Bond e gli chiesi se fosse possibile andare da lui per chiedergli un autografo.

Roger Moore

Mio nonno non aveva idea di chi fossero James Bond o Roger Moore, così ci avvicinammo e mi piazzò davanti esclamando: «Mio nipote dice che sei famoso, potresti fargli un autografo?»

Con la massima gentilezza possibile Roger chiede il mio nome e firma per bene il retro del mio biglietto aereo, scrivendo una nota piena di belle parole.
Mentre eccitatissimo torno al mio posto, butto un occhio alla firma. Non si capisce bene, ma di certo non c’è scritto "James Bond".

Mio nonno guarda l’autografo e capisce che c’è scritto "Roger Moore". Non ho idea di chi sia Roger Moore e il mio cuore si riempie di tristezza.

L'autografo

Dico al nonno che forse si è sbagliato a firmare, che ha scritto il nome di qualcun altro.

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Il fenomeno e la pippa

Sabato tarda mattinata. Arrivo in piscina, ma non ho una gran voglia di nuotare. Mi sono già allenato per tre ore tra bici e corsa, sono lì per sciogliermi un po’. Chiedo se per caso c’è posto per un massaggio, quelli da 25 minuti, giusto per recuperare in vista dell’allenamento del giorno dopo.

Fortuna vuole che ci sia posto.

Bene, due bracciate, saunetta e massaggio, chi mi ammazza!

Appuntamento con il fisioterapista alle 12:15, arrivo puntuale.

Si presenta un omino di colore, magro, giovane sui 30. Tra me e me penso “Questo mi fa il solletico da quanto è smunto. E vabbè dai proviamo”.
Arrivo in cabina, lui gentilmente mi chiede cosa voglio fare, io con un po’ di tono dico “gambe e schiena… un defaticante”.

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Era suo padre: un libro che non verrà mai scritto

#1 DAD in the Galaxy

Ho cominciato a lavorare a questo racconto qualche mese dopo aver concluso la Signora degli Uccelli. Nelle intenzioni iniziali sarebbe dovuta essere l'ennesima parodia di una delle saghe spaziali più famose dell'universo: mi piaceva l'idea di usare un titolo-spoiler così disarmante da essere esso stesso la parte più stupida del libro.

Tuttavia, il progetto si è subito arenato. Passi pubblicare una storia fantasy inutile e irriverente che non leggerà mai nessuno, ma affiancargliene addirittura una seconda sarebbe stato troppo anche per me.

Pubblico quindi il primo e unico capitolo, perché in fondo mi sono divertito a scriverlo e sono certo che incorrerei nelle ire di Darth Lord Darthlord se mi limitassi a gettarlo nel vorace Cestino Spaziale delle opere incompiute. :)


Capitolo I – Vieni anche tu, con noi su Tatù

Il vento sferzava le desolate distese desertiche del pianeta Tatù, sbriciolando dune roventi di fini granelli di sabbia, componendo e dissolvendo evanescenti strutture immaginarie e bla bla bla.

Un mare di onde solide danzava benedetto dalla rossa sfera infuocata di Sole-di-Tatù-I, mentre Sole-di-Tatù-II stava giustappunto per sorgere.
Ma ciò che di significativo accadde in quel preciso frangente avvenne molto lontano dal deserto, migliaia di chilometri più su, oltre le rade nubi avare di piogge e di ombre.

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Io, Cecilia, il Majong, il Comune di Genova e l'amore infinito

Adesso tutti hanno questa palla del Majong o come si chiama, anche Koch che è una figura di intellettuale di tutto rispetto perde tempo con le tesserine colorate per OS X l'hanno fatto quelli di Omniweb è carino io detesto quei giochi l'ho preso per Cecilia ho fatto male, ieri notte Cecilia mi ha svegliato dicendo che vedeva le tessere quando chiudeva gli occhi, non fa altro a stento mangia, una volta l'ho beccata che faceva giocare da solo il computer e lei guardava e basta, come dire che lei e il computer ormai sono la stessa cosa, ma lei non è d'accordo mi manda un email stamattina che recita:

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Mestieri – Il palo della luce

Io di mestiere faccio il palo della luce.

Avrei preferito essere un albero, ma a conti fatti va bene lo stesso: ho radici di cemento, è vero, ma sono alto abbastanza da vedere tutt'intorno, e poi non ho il fastidio di spogliarmi d'inverno o il solletico di farmi crescere foglie nuove in primavera.
Che poi capita che d'estate un rampicante di quelli matti, bucando l'asfalto, mi si attorcigli addosso, con carezze rustiche e tenaci, anche se poi si sa che esce dalla canonica la perpetua e lo strappa via con vigore perché le fa disordine.
E comunque non sono meno vivo di un albero, malgrado le apparenze. Ho la mia vita sociale, niente male, varia. Tipo gli storni che si allineano sui fili e strepitano che vien Natale, o i cani che mi pisciano sui piedi e le lucertole che filano in alto a zigzag quando scotto d'estate.

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Adulterazioni

Visto che mi concedete questi ottì vagamente letterari, alcune adulterazioni per salvarsi il sangue: attenzione potrebbero contenere un linguaggio offensivo per alcuni ed immagini che infastidirebbero un ragazzino sotto i sedici: se sei un ragazzino sotto i sedici, lascia stare, skippa questo messaggio, fai dell'altro, accenditi la radio: agli altri buona lettura.

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Io, Cecilia e gli euroframmenti

Allora mi metto lì e tiro fuori tutti i miei mucchietti di monete che tenevo nascosti per i momenti di crisi, da quando andavo alle elementari, vagonate di spiccioli raccolti nelle scatole di conserva di pomodoro e inizio a dividerli, mi faccio delle scatolette per le monetine da 5 lire, da 10 lire, da venti lire da cinquanta lire, da cento lire, da duecento lire, da cinquecento lire e da mille lire, e inizio lo smistamento con cura quando arriva Cecilia.

«Cosa stai facendo?»
«Smisto gli spicciolini per portarli in banca»
«Ah, e quanti ne abbiamo?»
«Beh, da mille lire pochi ma in compenso sono pieno di quelli da 20 e da dieci, ne ho anche molti da cinque lire»
«Ma sei scemo?»

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La Isla Grande

cuba

Atterriamo verso le 3 del pomeriggio.

Atteriamo stanchi ma contenti, impazienti di vedere con i nostri occhi se è vero quello che si dice in giro. Che qui i Cubani se la passano male. Che manca la luce anche 20 ore al giorno, che le macchine sono ancora quelle degli anni '50 e che il Regime non lo vedi ma lo senti nell'aria.
Ci hanno detto che a Cuba ci si deve andare almeno una volta nella vita, che devi viverla fino in fondo per capirla. Per conoscere la gente.
Ci hanno detto che Cuba la tua vacanza la devi fare da Cubano e non da turista, non importa anche se solo per 2 settimane.
Ci hanno detto che sarà indimenticabile e che sull'isola ci torneremo in un modo o nell'altro.

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Io, l'IKEA e la morte

Insomma andiamo all'IKEA a prendere l'ultimo Billy marrone per la nostra sala, il bello dell'IKEA è che non vendono veramente librerie, ma vendono cose, e quindi tu invece che comperarti un salotto puoi prenderlo un pezzo ogni tanto, alla fine un salotto IKEA è una raccolta di cose messe le une accanto alle altre, e noi in un anno abbiamo comperato cinque librerie Billy marroni e ora ci manca l'ultima, c'è proprio il buco nella parete si vede che manca qualche cosa, e allora andiamo all'IKEA a comperare anche l'ultima libreria Billy marrone e quando siamo nella parte finale del budello IKEA andiamo dove di solito ci sono le librerie billy marroni e vediamo che lo scaffale è vuoto.
«Si vede che vanno a ruba» dice Cecilia perplessa.
«Sono le migliori» dico io a bassa voce e mi gratto il mento, e mestamente mi dirigo alle informazioni dove c'è un ragazzo che sembra un altro me stesso, solo che lui ha la maglietta gialla con la scritta blu IKEA.
«Salve – dico – mi serviva una libreria Billy marrone»
Il ragazzo mi fissa, come se non mi vedesse e poi mi dice che non esistono le librerie IKEA marroni.
«Uh. Ne ho cinque in salotto»
«Più» aggiunge il tipo passandosi una mano sulla faccia.
«Più» ripeto io senza capire.
«Non esistono più le librerie Billy marroni» l'IKEA non le fa più, adesso fa il color faggio.
«Cioé? Faggio cioé?» dice Cecilia che nel frattempo mi si è messa a fianco e inizia la sua burrascosa esplosione adrenalinica, non dovrei mai andare con Cecilia in un negozio, e il tipo ripete che l'IKEA non fa più le librerie Billy marroni, adesso c'è il nuovo color faggio.
Cecilia sorride e dice voi non potete. «Voi non potete» ripete e sorride serafica guardandosi le scarpe, e poi – di colpo – alza un braccio e lo abbatte sul tavolo e inizia ad alzare la voce e dice che lei ha scelto IKEA proprio come ha scelto COCA-COLA, cioé, cose che sono uguali in tutto il mondo e fra dieci anni la Coca Cola avrà lo stesso gusto di Coca Cola di dieci anni fa, e l'IKEA fra dieci anni farà ancora la Billy marrone nel caso cambiassimo casa e volessimo comperare la seicesima libreria Billy marrone, che fa parte dell'alleanza non scritta tra IKEA e consumatore, che non si butta così alle ortiche un rapporto fondato sulla serialità, e alla parola serialità Cecilia si passa una mano (quella non sbattuta sul tavolo) all'angolo della bocca per nettare via la saliva, e resta immobile a fissare il commesso con occhi fiammeggianti.
Il commesso ha intanto attuato la tecnica, certo io la penso esattamente come voi, e dice che abbiamo perfettamente ragione e che l'IKEA sono una manica di stronzi, e questa parte gli riesce facile.
Comunque – aggiunge – possiamo prendere il nuovo color faggio che è davvero molto bello, ma questa uscita sfortunata del commesso spacca il vaso di Pandora gelosamente custodito in Cecilia, e che rivela essere pieno di oscenità irripetibili che cosa cazzo me ne faccio di un Billy faggio che vuol dire molto chiaro in mezzo a cinque librerie Billy marroni che vuol dire molto scuro, e mentre Cecilia spiega questa cosa, fa anche dei mimi con le mani a significare il molto chiaro e molto scuro, e il numero cinque e il numero uno che si infila in mezzo al numero cinque, e il senso del mimo è che il commesso è un idiota e il commesso abbassa il capo e si prende dell'idiota, è retribuito.
«Senta – dico io – non c'è proprio modo di avere ancora dei Billy marroni, a noi ne serve solo uno», e viene fuori che sì, possiamo ordinare – pagando in anticipo – uno dei Billy marroni ancora rimasti in magazzino nel mondo e loro lo faranno arrivare qua e noi ce lo andremo a prendere.
E ce lo siamo presi, ci hanno dato un foglietto, quando arriva vi telefoniamo e voi andate nel magazzino che sta da un altra parte
rispetto all'IKEA e ve lo andate a prendere.

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Chi mi partiziona l'anima

Prologo

Io mi chiamo Fabrizio, ho una compagna che si chiama Cecilia, un cane che si chiama Tobbia e un figlio, quadrimestrale, che si chiama Niccolò. Siamo abbastanza felici, benchè con cupi drammi economico/quotidiani, ma questo per capire le partizioni.
L'hard disk del mio iMac era partizionato in tre parti: Tobbia (dove c'è la cartella sistema e tutto il software), Fabrizio (dove ci sono le mie cose) e Cecilia (dove ci tiene le cose sue). Ora: qualche mese addietro ebbi la non fortunata idea di installare Linux sul mio computer, per vedere un po' come era. Utilizzai il programma datomi in dotazione da Applicando e cancellai la partizione Cecilia (che era di duegigaettrè), e ne feci due nuove, una chiamata sempre Cecilia di ungigaettrè e una sotto Linux di un giga e basta.
Installai tutto bene nessun problema. Guardai Linux, dissi «oh oh» richiusi non lo usai mai più.

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Davanti a un piatto di gamberi mancini

I gamberi mi piacciono molto perché sono uguali me.
Camminano all'indietro e sembra che non facciano mai un passo avanti. I gamberi sono come me, camminano all'indietro. Però per loro andare indietro è come andare avanti, e andare avanti è andare dove non si è mai stati.

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All'ombra delle antenne cosmiche in fiore

Milano, interno sera

Un capellone e la sua fidanzata, detta 'la bambina dalla testa rotonda', hanno appena finito di cenare e stanno chiacchierando tranquillamente seduti a tavola.
La stanza, più che una cucina, sembra il magazzino di un negozio che vende computer assemblati: su un tavolo tre monitor e due computer, altri quattro o cinque computer funzionanti sparsi sotto il tavolo e un numero imprecisato di computer spenti e aperti, più o meno completi, giacciono in giro per il pavimento.
Negli spazi pezzi di componenti e attrezzi: una scheda video, un banco di RAM, cacciaviti.
Quello che avanza è raccolto in casse di plastica distribuite in modo rigorosamente non predeterminato.

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Se Hitler se la fosse presa con le zanzare forse sarei di destra

Stanotte non ho dormito per il prurito delle punture di zanzare, ho avuto un sacco di tempo per pensare a loro.
E non erano pensieri amorevoli.
Sono arrivata alla conclusione che il comportamento e il carattere delle zanzare sia caratterizzato geograficamente, esattamente come quello delle persone.

Le zanzare pugliesi, per esempio, appaiono tardi, verso le 23.00/23.30, ronzano facendo un rumore infernale e scassando ampiamente la minchia, insomma, una gran scena, ma poi, quando pungono, dopo mezz'ora è passato tutto; inoltre il segno della puntura è piccolino e visibile subito, per cui sai dove non grattarti per non peggiorare la situazione.
Buffone.

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Gli uomini di Camilla

Ai miei uomini ho dato di essere pochi, dovrei rifare i conti ma comunque pochi. Chissà che siano rimasti contenti almeno di questo.
Gli ho dato anche di essere come gli pareva, così alcuni si sono scelti sinceri altri bugiardi, e a me andava bene lo stesso perché erano i miei uomini e alle cose mie tengo più che a me stessa.
Anche per gli optionals sono sempre stata di manica larga: gli ho lasciato la più ampia libertà circa il colore degli occhi e la quantità di capelli, e non ho posto limitazioni di età o di censo, figuriamoci poi di razza o cultura o fede in quel che sia.

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Su Saturno non c'è tempo da perdere

«Quello è Orione, lo vedi? Ci sono due stelle in alto che sono le spalle, poi tre piccoline al centro, la cintura, e ancora due in basso.»

Ilaria annuisce rabbrividendo e stringendosi addosso il plaid.
A vederla così intenta a scrutare il cielo con il nasino all'insù e l'aria attenta verrebbe da distendere a forza di baci le rughe che le sono venute per la concentrazione sulla fronte.
Sono mesi che le muoio dietro, che pendo dal suo broncio sexy e cado in deliquio di fronte alla danza del suo culo quando mi cammina davanti, mesi che non riesco a dirle niente di meglio di un ciao o di un come va.
Ancora non ci posso credere che siamo qui, da soli, su questa collina a guardare le stelle, cazzo, sembra uno di quei film per ragazzine sceme, però è bello, è bello sentire l'aria frizzante di gennaio che ti fa pizzicare la pelle della faccia e la mano di Ilaria a due centimetri dalla mia e l'odore di mare dei suoi capelli, è davvero una figata.

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Matite e temperamatite

CAPITOLO 6 – Oggetti di uso quotidiano

4.1 Matite e temperamatite

Possiamo definire la matita come uno 'strumento per scrittura e disegno, costituito da un sottile cilindro di un impasto di grafite o di altre materie coloranti (mina), racchiuso in una guaina di legno dolce o in un astuccio metallico o di plastica a funzionamento semiautomatico'

Devoto-Oli, Bergamo 1987

Ma come si chiama la parte di matita che viene gettata quando la matita viene temperata?
Non esiste un termine scientifico preciso e, per capirne il motivo, dobbiamo ripercorrere brevemente alcuni importanti momenti di storia recente.
Nel 1973, quando la O.N.D.A. (Organo Nazionale Denominazioni e Attributi) rilevò l'obsoleto termine 'lapis' a favore dell'ormai corrente 'matita', venne emanata una circolare in cui si invitava a sostituire nei composti i due termini: così 'temperalapis' divenne 'temperamatite'. Tuttavia anche allora non si ritenne opportuno specificare la denominazione degli scarti della matita temperata.
Nel 1982 Manuele Corsi, linguista e glottologo, propose i nomi 'temperatura' o 'tempera' della matita, che non vennero adottati a causa della possibile ambiguità che potevano originare.

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La Titti

Chi ha letto il precedente aneddoto sui condizionali sa che, dopo aver lasciato Tucano, Sandokan e Jonathan alla loro sorte, conobbi la Titti. La Titti era un po' particolare, di quelle tipe un po' new age ma che amano le belle macchine, una di quelle un po' piccanti ma sempre discrete, di quelle che non disdegnano lo sport ma adorano mangiare, di quelle che adorano mangiare quello che cucini ma non vestire quello che regali loro, di quelle sempre un po' indecise ma intraprendenti, di quelle un po' donne e un po' bambine, di quelle un po' mamme e un po' nonne, di quelle un po' così e un po' colà.
La Titti era una testa di cazzo.

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