Un giorno, non molto tempo fa, andavo in bicicletta lungo l'ospedale Radcliffe, quando in me si è fatta una chiarezza improvvisa come a volte ci viene in sogno. Ricordo di aver detto a voce alta, con assoluta convinzione: "Ma certo! Ovviamente è così che le cose in realtà funzionano!"
Ma non riuscivo a ripetere un qualsiasi ragionamento che mi avesse portato a quella convinzione, sebbene la sensazione fosse la stessa che se mi avessero convinto con la ragione (anche se non ragionando). E da allora ho pensato che uno dei motivi per cui non si riesce a recuperare il ragionamento meraviglioso o il segreto quando ci si sveglia, è semplicemente perché non ce n'è stato uno; ma c'è stata (spesso, forse) una comprensione diretta della mente (ovvero della ragione), ma senza quella catena di ragionamenti che conosciamo nella nostra vita nel tempo seriale.

Lettere 1914/1973 – J.R.R. Tolkien

Io ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l'umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz'uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà.

Pochissimi gli uomini; i mezz'uomini pochi, ché mi contenterei l'umanità si fermasse ai mezz'uomini. E invece no, scende ancor più giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi.

E ancora più giù: i pigliainculo, che vanno diventando un esercito. E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere, ché la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre.

Il giorno della civetta – Leonardo Sciascia

Il mare di Napoli pulito, quasi pulito il cielo sopra la Cina, i pesci nei canali di Venezia, Venere e Sirio che rilucono, enormi, nel cielo trasparente. La ritirata dell'uomo, con il suo strascico sontuoso di deiezioni, rinvigorisce la natura, bastano poche settimane (in termini cosmici, meno di un istante) perché Gea festeggi la nostra stasi, la nostra malattia. Impressionanti l'immediatezza e la sincerità con le quali il mondo ci sta dimostrando che può fare a meno di noi.

A cosa serviamo esattamente? – Michele Serra1Articolo scritto durante la pandemia di Covid del 2020-22.

Succedeva sempre che a un certo punto uno alzava la testa… e la vedeva. È una cosa difficile da capire. Voglio dire… Ci stavamo in più di mille, su quella nave, tra ricconi in viaggio, e emigranti, e gente strana, e noi… Eppure c'era sempre uno, uno solo, uno che per primo… la vedeva. Magari era lì che stava mangiando, o passeggiando, semplicemente, sul ponte… magari era lì che si stava aggiustando i pantaloni… alzava la testa un attimo, buttava un occhio verso il mare… e la vedeva. Allora si inchiodava, lì dov'era, gli partiva il cuore a mille, e, sempre, tutte le maledette volte, giuro, sempre, si girava verso di noi, verso la nave, verso tutti, e gridava (piano e lentamente): l'America. Poi rimaneva lì, immobile come se avesse dovuto entrare in una fotografia, con la faccia di uno che l'aveva fatta lui, l'America.

Novecento – Alessandro Baricco

Sino ad allora avevo pensato che ogni libro parlasse delle cose, umane o divine, che stanno fuori dai libri. Ora mi avvedevo che non di rado i libri parlano di libri, ovvero è come si parlassero fra loro. Alla luce di questa riflessione, la biblioteca mi parve ancora più inquietante. Era dunque il luogo di un lungo e secolare sussurro, di un dialogo impercettibile tra pergamena e pergamena, una cosa viva, un ricettacolo di potenze non dominabili da una mente umana, tesoro di segreti emanati da tante menti, e sopravvissuti alla morte di coloro che li avevano prodotti, o se ne erano fatti tramite.

Il nome della rosa – Umberto Eco

Il salottino, che insieme alla camera da letto componeva tutto l’appartamento, era tappezzato di libri; le pareti sparivano dietro gli scaffali; le vecchie rilegature offrivano allo sguardo il loro bel colore brunito dal tempo. I libri, troppo stretti, invadevano la camera attigua, prolungandosi sopra le porte e nell’incavo delle finestre; se ne vedevano sui mobili, sul camino e perfino in fondo a certi armadi lasciati aperti; quei preziosi volumi non assomigliavano a quei libri da ricchi ospitati in biblioteche tanto opulente quanto inutili; sembrava che si sentissero a casa loro, padroni del luogo e, seppure accatastati, a loro completo agio; d’altronde, non un granello di polvere, non un’orecchia nelle pagine, non una macchia sulle copertine; si vedeva che una mano amica li accudiva ogni mattino.

Parigi nel XX secolo – Jules Verne

Benché una disposizione del rettore proibisse a studenti e baccellieri di bere e gozzovigliare prima del calar del crepuscolo, a Oxenfurt si beveva e si gozzovigliava sempre, ventiquattr'ore su ventiquattro, perché è noto che, se c'è qualcosa che può aumentare la sete ancor più del processo di assimilazione del sapere, è la proibizione completa o parziale di bere.

Il sangue degli Elfi – Andrzej Sapkowski

Durante la guerra di Corea il presidente degli Stati Uniti chiamò Chesty Puller e gli chiese di ragguagliarlo sulla situazione.

Lui rispose: «Ce li abbiamo davanti e dietro, e siamo stretti ai fianchi da nemici che ci sovrastano numericamente per 29 a 1. Adesso non possono più sfuggirci!»

Dopodiché inflisse il più alto tasso di perdita di vite umane a una forza nemica di tutta la storia bellica.

Io sono un'arma – David Tell

In principio dunque, non peste, assolutamente no, per nessun conto: proibito anche di proferire il vocabolo. Poi, febbri pestilenziali: l'idea s'ammette per isbieco in un aggettivo. Poi, non vera peste, vale a dire peste sì, ma in un certo senso; non peste proprio, ma una cosa alla quale non si sa trovare un altro nome. Finalmente, peste senza dubbio, e senza contrasto: ma già ci s'è attaccata un'altra idea, l'idea del venefizio e del malefizio, la quale altera e confonde l'idea espressa dalla parola che non si può più mandare indietro.

I promessi sposi – Alessandro Manzoni

Si racconta che la prima reazione del signor Huddleston al cablogramma fu «una veemente e vigorosa imprecazione, provocata dalle tensioni del momento e dall’ora tarda». Si dice inoltre che parlò a lungo della nazione francese, della cultura francese e delle abitudini igieniche personali della popolazione francese.

Il signor Bradford, ancor più eloquente, si disse convinto dell’innaturale passione francese per i rapporti intimi con animali da cortile.

La grande rapina al treno – Michael Crichton
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