Mestieri – Il palo della luce

Io di mestiere faccio il palo della luce.

Avrei preferito essere un albero, ma a conti fatti va bene lo stesso: ho radici di cemento, è vero, ma sono alto abbastanza da vedere tutt'intorno, e poi non ho il fastidio di spogliarmi d'inverno o il solletico di farmi crescere foglie nuove in primavera.
Che poi capita che d'estate un rampicante di quelli matti, bucando l'asfalto, mi si attorcigli addosso, con carezze rustiche e tenaci, anche se poi si sa che esce dalla canonica la perpetua e lo strappa via con vigore perché le fa disordine.
E comunque non sono meno vivo di un albero, malgrado le apparenze. Ho la mia vita sociale, niente male, varia. Tipo gli storni che si allineano sui fili e strepitano che vien Natale, o i cani che mi pisciano sui piedi e le lucertole che filano in alto a zigzag quando scotto d'estate.

C'è chi mi usa per appoggiare la bici, e mi fa sentire utile.
C'è chi di notte, ubriaco, mi fa domande interessanti anche se non ascolta le mie risposte.
C'è chi mi incolla addosso avvisi che la pioggia lava via, chi si sofferma a tentar di leggerli poi si allontana scrollando la testa. Avvisi che è morta la vecchia Giacomina, che due sposi cercano appartamentino a buon mercato, che domenica chiudono l'acqua per quattro ore, che se telefoni ti dicono come dimagrire; corsi di inglese, massaggi, palestre, gatti smarriti.
Elettricisti volonterosi.

Gli alberi fanno ombra, io faccio luce, e non mi pare tanto da meno. Luce per distinguere le lancette sull'orologio, per scegliere la chiave di un cancello; per leggere i nomi sotto i campanelli quando c'è da recapitare un pacco. O fiori, o telegrammi.
Ho il mio da fare insomma, e lo faccio senza nemmeno bisogno di spostarmi, molto comodamente: e poi respiro l'aria dei tetti e delle terrazze, odor di panni stesi e sughi di cucina. e vedo le donne passare da una stanza all'altra attraverso le finestre aperte, gli innamorati bisticciare e riabbracciarsi, le ragazzine specchiarsi in camera e ballare da sole, tutto un mondo che mi corre intorno a girotondo, e io fermo e stabile, piantato da anni al mio stesso posto, al posto giusto, veglio e svetto e sto qui, e mi piace.
Mi piace, il mio mestiere.
Il palo della luce.

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