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Dello spettral Leviatano

Risolsi alfine il rivendicar aggraziato calco del munifico tomo Moby Dick o la balena, originato dal prolifico Melville H. e quivi trasposto nel di noi italico idioma dal considerato professor Fatica O.

Innumerevoli stagioni han ravveduto il mio cor bramar suddetta capodopera — innegabilmente nella contratta compagine dei miei prediletti — poiché il desìo del disporre sulle scansie della mia propria biblioteca trascrizione d’ogni opera a me cara, è senz’altro fonte di copioso appagamento.

Componimento, peraltro, del quale non serbo memoria di individui a me prossimi o lontani che abbiano conseguito la gravosa impresa di portarne a termine la lettura.

A onor di lealtà, già mi procacciai per lecite vie l’evanescente informatica pubblicazione dello stesso; pur tuttavia essa non somministrò al presente adeguata gaiezza: talune atmosfere di arcaica quotidianità marinaresca, quale la balsamica fragranza della salsedine o l’aroma del legname avvizzito dall’astro, suggeriscono la corporeità di un manufatto concreto per poterne appieno apprezzare la proteiforme sapidità.

Ma ahimè, maligna fu la sorte nei riguardi di questa sventurata anima mortale!

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XXXIV, 139

Le stelle hanno sempre rappresentato per me qualcosa di magico. Fin da quando ero piccolo mi sono ritrovato spesso a naso in su, per quelle che credevo fossero ore a osservare l’incredibile spettacolo che la natura ogni notte ci regala.

Immobile, con le pupille dilatate all’infinito, univo i puntini e rimanevo a fissare le fantastiche figure che si formavano, fino a quando percepivo la sensazione di cominciare a comprendere la reale prospettiva delle cose, che inspiegabilmente si capovolgeva. Ero come sulla cima di una immensa montagna a guardare di sotto, un precipizio scintillante in cui da un momento all’altro sarei potuto precipitare, in una caduta senza fine. E sentivo che sarebbe davvero potuto accadere, perché di fronte a tale sconcertante maestosità tutta la teorica sicurezza degli insegnamenti sulla gravitazione universale si dissolveva.
Ero sull’orlo di uno strapiombo infinito, e sotto l’infinito.

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